Come le regole, i divieti e i no, anche i castighi e le punizioni fanno parte dell’educazione. Quando sono necessari? E quali sono gli errori più comuni da evitare?
Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Stefania Vinetti, esperta in psicopedagogia e in psicologia dell’età evolutiva.
"I castighi e le punizioni non possono essere una forma di giustizia sommaria, improvvisata lì per lì ogni volta che il bambino si comporta come noi non vorremmo. Non si può affidare allo schiaffo il compito di dire non si fa, perché la punizione va applicata solo dopo aver stabilito delle leggi familiari e aver sancito con il bambino un patto esplicito e chiaro: Questo non si deve fare e se ti comporti così verrai castigato. Il bambino impara così che non viene punito a caso, secondo l’umore dei genitori, ma solo quando infrange le regole che gli sono state date".
Quando il bambino è ancora molto piccolo, gli interventi dei genitori dovrebbero essere il meno punitivi possibile. È solo verso i quattro anni infatti che al bambino norme possono essere date norme generali di comportamento perché solo a quell'età comincia ad avere il senso del tempo, dello spazio e dei rapporti causa/effetto.
In fatto di castighi, poi, non bisogna incorrere nell’errore di essere incoerenti: per educare un bambino i genitori per primi non devono infrangere i patti e le regole.
Se un giorno si è indulgenti e il giorno dopo punitivi secondo le variazioni dell’umore il bambino non capisce perché lo stesso comportamento un giorno passa del tutto inosservato e il giorno dopo merita invece un castigo.
Il bambino ha bisogno che il genitore gli dica qualche volta di no in modo inflessibile, anche se questo lo fa soffrire in quel momento.
Con i suoi capricci e le sue richieste ostinate il bambino tasta il terreno e cerca di comprendere fino a che punto può spingere la sua volontà di avere tutto e subito. In questi momenti è alla ricerca di un limite, di un contenimento che solo l’adulto può fornirgli con un chiaro sistema di regole e di divieti.
Senza regole e divieti il bambino cresce allo stato brado e al momento delle prime relazioni sociali gli sarà difficile tollerare le frustrazioni.
Gli eccessi educativi
Per alcuni genitori i metodi "forti" non sono un’eccezione, ma la regola e spesso tendono a reagire ai capricci e alle disobbedienze con la stessa aggressività del bambino. Fino a che punto questi comportamenti possono essere dannosi per il bambino? I genitori che continuano a rimproverare il bambino e lo puniscono in modo eccessivo rischiano di proiettare su di lui un’immagine negativa di se stesso. Nella maggior parte dei casi è importante dar spazio alla parola e non solo per sgridare il piccolo ma anche per manifestargli il nostro disappunto e la nostra delusione facendogli capire che anche lui può esprimere le sue ragioni, il suo malumore e la sua rabbia.
Ricatti e minacce
"Se fai il bravo…" quante volte abbiamo usato questa frase? Molto spesso capita di cercare di barattare, in un certo senso, l’ubbidienza del piccolo con un piccolo premio come dolci o un giocattolo.
Altri genitori preferiscono ricorrere a metodi più spicci e a volte utilizzano le minacce (di castigo ecc.), ma come è meglio farsi ubbidire? Con le buone oppure anche con le cattive? Apparentemente, il baratto suona molto più conciliante ma, in realtà, il piccolo si trova spaesato perché lo scendere a compromessi della mamma o del papà non lo aiuta a farsi un’idea precisa del buono o cattivo, del giusto o dello sbagliato. Meglio essere diretti, anche con avvertimenti tipo: "Guarda che sto perdendo la pazienza: se continui così rimani a casa tutto il giorno".
È un messaggio forte e provo di ambiguità che mette subito in chiaro i termini della situazione e pone un limite preciso al comportamento del bambino. L’importante è che, questo tipo di avvertimento, venga utilizzato solo quando è strettamente necessario e non si trasformi in un continuo braccio di ferro con il bambino, che potrebbe prendere gusto alla sfida. E diventare più ostinato nella sua disobbedienza. Assolutamente da evitare, poi, i ricatti affettivi ovverosia dirgli che, se continua con un determinato comportamento, non gli si vuole più bene. In questo modo non si farebbe altro che minare il suo equilibrio e alimentare inutilmente la sua paura più forte, quella di poter perdere l’amore dei genitori.
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