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buone maniere: non e' mai troppo presto!!

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luna1970
view post Posted on 9/6/2009, 19:02




Buone maniere: non è mai troppo presto!
Come insegnare a non trasgredire le regole e a comportarsi in modo educato
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Già a partire dai 2 anni, i bimbi hanno un proprio codice che osservano e intendono far osservare ai loro simili: se sulla scaletta dello scivolo un bambino spinge per mettersi al primo posto, sarà la fila intera a fargli… rispettare le regole, non lasciandolo passare o rimandandolo in fondo. È facendo leva su queste esperienze che potrete insegnare ai vostri figli le norme di comportamento che vi stanno a cuore.

A volte le ‘cattive maniere’ manifestano un disagio…
Mostrare ai bambini quanto è importante il rispetto per gli altri significa anche aumentare il rispetto e l’autostima per se stessi. La maleducazione, sostengono gli psicologi, è il sintomo di un disagio; rivela l’incapacità di gestire in modo civile i conflitti ed è il segno di una difficoltà a esprimere le proprie emozioni. Il bambino strafottente e aggressivo e il piccolo musone che di fronte a un regalo risponde con un grugnito hanno in comune un aspetto: non sanno esprimere le loro delusioni o le loro richieste in modo che gli altri possano accettarle né si rendono conto di suscitare irritazione. Per evitare di dare regole vuote di contenuto, insegnategli a stare attenti alle esigenze e alle sensibilità altrui, chiedendo spesso: “Ti piacerebbe che la mamma, o il fratellino, si comportassero con te nello stesso modo?”.

…ma desiderare di trasgredire è normale
A 3 anni lo scontro tra la sua voglia di indipendenza e le restrizioni imposte dalla convivenza è particolarmente aspro. Sembra che il piccolo sia in opposizione con il mondo intero, che per partito preso rifiuti ogni suggerimento e che voglia fare tutto sempre a modo suo. È questo il momento in cui è importante introdurre alcune regole della buona educazione. A partire dai 3-4 anni il bambino comincia a identificarsi con gli adulti che vivono intorno a lui e cerca di assumere, spontaneamente, gli atteggiamenti e i modelli che ha sotto gli occhi. Mano a mano che cresce, si tratta di fargli capire che l’acquisizione di alcune regole di comportamento aiuta a rispettare se stessi e gli altri, rendendoli più disponibili nei nostri confronti.

Quando cominciare:

Gentilezza chiama gentilezza. Come dire: i migliori risultati, in termini di educazione, si ottengono dando al piccolo il buon esempio. Anche in fatto di bon ton: il bambino imparerà a capire le esigenze degli altri se voi stessi vi rivolgerete a lui con la medesima attitudine. Quando cominciare? Da subito, senz’altro, iniziando voi stessi a usare le frasi e gli atteggiamenti che vi aspettereste da lui. Non si tratta di ragionare su tutto cercando di convincerlo a fare una cosa perché, secondo voi, è l’unica soluzione logica da prendere. Né di forzarlo a obbedire imponendo la vostra autorità con le punizioni o con un lapidario: “Si fa così”. Il vostro obiettivo deve essere un altro: renderlo partecipe e responsabile. Queste sono le tappe che permettono a un bambino di imparare a rispettare il prossimo.

• A 2-3 anni: insegnategli a guardare in viso le persone quando lo salutano e a fare ciao con la mano.
• A 3-4 anni: “buongiorno, arrivederci, come stai…”. Il bambino stringe la mano a chi gliela porge, saluta per nome le persone che incontra.
• A 4-5 anni: dice “per favore, grazie, scusa”. Se, volontariamente o no, ha offeso qualcuno oppure lo ha privato di un suo diritto, si scusa e cerca di risarcire il danno. Inizia a sapere come comportarsi a tavola. Usa coltello, forchetta e cucchiaio, chiede gentilmente che gli si passi il piatto, non parla con la bocca piena, aspetta il proprio turno per essere servito, chiede il permesso per lasciare la tavola.
• Comincia a sviluppare una sensibilità per i problemi degli altri: rispetta e non fa commenti sulle persone malate e sui portatori di handicap; nei limiti del possibile, offre il proprio aiuto a una persona in difficoltà.

La forza dell’esempio

1. Nel rimproverare un bambino, non dovrete mai dare l’impressione di voler imporre il vostro io. E se per caso, involontariamente, lo avete offeso, cercate di parlarne ammettendo il vostro torto: “Mi dispiace, non avrei dovuto gridare prima”.

2. Ogni volta che vi rivolgete a lui, provate a pensare: “Se qualcuno mi parlasse con questo tono, mi piacerebbe?”.

3. Dal momento che siete voi gli adulti, cioè i più consapevoli nel rapporto, dovete fare voi il primo passo. Quindi, cercate sempre di avere un tono di voce rassicurante e pacato, che lo renda più disponibile.

4. Spesso basta ridurre il volume della voce per vedere immediatamente un cambiamento radicale nel suo modo di comportarsi. Allo stesso modo, è bene pretendere piccole modifiche nel modo di esprimersi. Non “Mamma sei brutta, cattiva, non ti voglio più”, ma piuttosto “Mi hai fatto arrabbiare”, non “Voglio”, ma “Vorrei”.

5. È importante inoltre insegnare al bambino a discutere senza però giudicare, né negare la validità delle vostre parole. Questo non significa reprimere ciò che pensa; anzi, può parlare liberamente di tutto quello che gli passa per la testa, ma senza perdere di vista il rispetto verso l’interlocutore.

Come insegnare la buona educazione

• Le buone maniere non vanno insegnate come convenzioni arbitrarie o regole di grammatica da imparare a memoria. È importante far capire al bambino che sono necessarie per riuscire a vivere insieme senza invadere lo spazio dell’altro e senza urtarne le sensibilità. Per questo il motivo di una richiesta va sempre spiegato cercando, in questo modo, di far sì che il bambino comprenda le conseguenze delle proprie azioni sugli altri.

• Anche piccoli gesti simbolici di attenzione possono educare il bambino al rispetto. Sono le stesse cure che avete per lui quando lo accompagnate alla porta, gli portate l’acqua, mettete in ordine i suoi vestiti. Potete chiedere al bambino di fare altrettanto per voi, sempre in relazione alle sue possibilità. Possono sembrare questioni di forma, ma spesso, nell’educazione di un bambino, la forma ha un grande significato: bastano infatti poche essenziali azioni simboliche, perché i piccoli acquisiscano nei confronti dei genitori un sentimento di gratitudine che non si basa sui sensi di colpa, ma su sentimenti di amore reciproco.


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